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Court (Crave, #4)(108)

Author:Tracy Wolff

?Questa è casa tua?? chiede Jaxon.

?Certo?, risponde Hudson senza esitazione. Pochi secondi dopo, si sente uno stridio acuto quando spinge da parte la libreria.

?Perché?? Eden è inorridita e affascinata al tempo stesso, e la capisco benissimo. Non avrei mai immaginato che Hudson potesse vivere in un posto del genere.

Ma lui fa spallucce. ?Vedrai.?

Lo raggiungo, curiosa di vedere che cosa sta facendo. E, soprattutto, curiosa di scoprire che cosa l’abbia indotto a scegliersi una casa simile, essendo un tipo tanto schizzinoso ed esigente. Non ha mai un capello fuori posto e i suoi vestiti sono sempre perfettamente stirati. E anche se non lo conoscessi così bene, la sua stanza a scuola è l’esatto opposto di questa topaia. Hudson ama il lusso e non ne ha mai fatto mistero.

?Cosa stai facendo lì dietro?? chiedo, evitando per un soffio di inciampare in un enorme strappo nel tappeto verde vomito.

Lui china la testa verso il muro e risponde: ?Guarda e impara?.

E, all’improvviso, tutto inizia ad avere un senso. Perché dietro la libreria c’è una gigantesca porta di acciaio rinforzato, protetta da un codice di sicurezza e da un dispositivo che analizza l’impronta della mano.

Con un sorrisetto malizioso dipinto sulla faccia, inserisce un codice, quindi preme la mano sull’apparecchio. Pochi secondi dopo, la porta si apre su una luccicante scala di legno che conduce verso il basso.

?Vogliamo andare?? chiede.

?Certo?, ribatto curiosa di scoprire cosa c’è là sotto.

Lo seguiamo per le scale in un enorme seminterrato… e ci fermiamo all’ingresso con gli occhi sgranati. Come nella sua stanza a scuola, ci sono gigantesche librerie piene zeppe di libri. Migliaia e migliaia, che ricoprono le pareti di mezza stanza dal pavimento al soffitto. Ma non è questo che ci lascia esterrefatti.

Non avremmo potuto rimanere più sorpresi se il locale avesse avuto le pareti rosa glitterate e fosse stato arredato con poltrone a sacco.

?Questo… questo sembra…? Non trovo le parole.

Per fortuna Eden non ha problemi a parlare. ?Amico, questo posto sembra uscito da una rivista di design d’interni.?

Sì, esatto.

La stanza è grande almeno la metà di un campo di calcio. Le pareti senza scaffali sono bianco perla; lampade, applique e candelabri illuminano l’ambiente con una luce soffusa. L’arredamento è costituito da un raffinato mix di pezzi rustici e moderni, quasi esclusivamente bianchi, marrone chiaro o neri. Lo spazio è diviso in otto ?sezioni? ben distinte grazie alla posizione strategica di tappeti e mobili, ma lo stile è lo stesso ovunque.

La prima zona alla nostra destra è chiaramente il posto in cui Hudson trascorre il tempo ascoltando musica. è arredata con due scaffali neri di metallo zeppi di album, grandi poltrone marrone chiaro e divanetti dall’aria davvero comoda, un enorme tappeto bianco peloso in cui non vedo l’ora di infilare i piedi nudi e un armadietto con lo stereo.

Nessuno di noi vuole perdersi niente, così cominciamo a girare per la tana, osservando ogni dettaglio.

In fondo c’è lo spazio in cui fa sport: ci sono asce, ovviamente, ma anche archi e faretre di vario tipo e bersagli appesi alle pareti. Nella zona accanto, ci sono due morbidi divani componibili bianchi con i cuscini écru disposti di fronte a un enorme televisore montato a parete; sparsi in giro ci sono mezza dozzina di game controller, oltre a un visore per la realtà virtuale dall’aria piuttosto costosa. Un paio di tavolini rustici di legno con sopra delle lampade e altri bassi carichi di riviste completano il tutto.

Dalla parte opposta della stanza c’è invece un gigantesco letto di ottone, ma, a differenza del suo letto a scuola, questo è tutto bianco. Lenzuola bianche, coperta bianca, cuscini bianchi, copriletto bianco. Ai lati del letto ci sono dei grossi comodini di antiquariato con sopra delle lampade d’argento con elaborate incisioni.

Per una volta, però, non è il letto che cattura la mia attenzione, ma la parete alla sua sinistra, di una sfumatura di nero che riconoscerei ovunque. Un divano e una libreria completano la confortevole zona lettura che mi fa battere il cuore.

?Questa è la stanza che ho dipinto quando eri ancora nella mia testa?, mormoro.

?Sì?, ammette, a voce così bassa che faccio fatica a sentirlo.

?Ecco perché insistevi così tanto sul colore delle pareti.?

?Nero Armani?, risponde con un sorriso. ?Ho fatto anch’io una fatica del diavolo a ottenere il colore perfetto la prima volta.?

Qualcosa nel suo tono mi dice che ho toccato un tasto dolente. Che questo argomento è più delicato di quanto pensassi.