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Court (Crave, #4)(136)

Author:Tracy Wolff

Per un istante, temo che possa protestare, ma probabilmente mi si legge in faccia ciò che penso, perché lui si limita a dire: ?Okay?, poi mi attira a sé per darmi un bacio che mi ricorda tutto ciò che abbiamo e le ragioni per cui lottare.

Mi lavo i denti e mi lego i capelli in uno chignon strettissimo… non è un granché, ma devo accontentarmi. Insieme alla colazione, Siobhan ci ha portato degli abiti da addestramento. Mi infilo i miei: leggings, maglietta e tunica grigi. Non proprio una scelta sartoriale entusiasmante, però una divisa è una divisa, anche se vecchia di mille anni.

Decido di calzare le mie Converse invece delle scarpe di pelle fatte a mano che Siobhan mi ha dato. Quando sono pronta, prendo il vassoio ed esco in corridoio. Ho ancora circa quaranta minuti prima dell’inizio dell’addestramento e ho intenzione di trovarmi un bel posto sugli spalti dove fare colazione.

Ma, dopo solo un paio di passi, mi imbatto in Flint. Indossa i miei stessi abiti, e mi precede nel corridoio di qualche metro, perciò non mi ha ancora visto. Faccio per chiamarlo, però all’ultimo istante mi blocco perché, guardandolo camminare, mi rendo conto che sta facendo fatica.

Fatica a camminare.

Fatica a respirare.

Fatica a vivere.

Mi sento in colpa per tutte le volte che ho perso la pazienza con lui negli ultimi giorni. Perché è normale che sia arrabbiato. è normale che sia infelice. Perché sta soffrendo.

I draghi hanno incredibili capacità di guarigione, però sono trascorsi solo pochi giorni da quando ha perso la gamba e ha imparato a muoversi con la protesi. Quando è con noi, lo fa sembrare facile. Ma, guardandolo mentre si strofina la gamba nel punto in cui è attaccata la protesi, mi rendo conto che non lo è affatto.

Inoltre, c’è la questione di Luca. Sono talmente terrorizzata all’idea che possa succedere qualcosa a Hudson o al nostro rapporto che mi sono dovuta alzare dal letto perché la mia mente continuava ad arrovellarsi sempre sullo stesso pensiero. Flint, invece, ha già perso il suo compagno e non ha avuto giorni, settimane o mesi per elaborare il lutto, ma circa quattro ore, e poi è dovuto tornare in prima linea.

Sì, si è comportato da stronzo, però si meritava più tempo. Sono stata io la stronza – e una pessima amica – ad aver pensato anche solo per un secondo che non avesse il diritto di essere arrabbiato.

E così lo seguo in silenzio, aspettando l’occasione per palesarmi senza metterlo in imbarazzo. Il momento giusto arriva quando si appoggia al muro alla fine del corridoio per riposare.

Mi fermo anch’io e gli do un paio di minuti per prendere fiato. Poi mi avvio nella sua direzione facendo più rumore possibile e fingendo di essere appena uscita dalla mia stanza.

Lui si volta a guardarmi. Spero voglia parlarmi, ma, in caso contrario, gli farò un sorriso e proseguirò.

Ma sotto tutta quella rabbia lui è lo stesso ragazzo che, il giorno del mio arrivo alla Katmere, si è offerto di prendermi a cavalluccio e portarmi su per le scale perché avevo il mal di montagna. Quando mi vede con il pesante vassoio in mano mi chiama: ?Ehi, Grace. Hai bisogno di aiuto con quello??

Si scosta dal muro a fatica, però appena si avvia nella mia direzione, la sua zoppia scompare. E io lo odio. Odio il fatto che mi nasconda che sta soffrendo, che finga con me, quando tutto ciò che desidero è essere sua amica e aiutarlo in tutti i modi. Odio la distanza che si è creata tra noi.

Ed ecco perché faccio l’esatto contrario di quello che vorrei fare, ossia rifiutare il suo aiuto dato che so che sente dolore, e gli dico: ?In effetti, sì. Questo vassoio è molto più pesante di quello che pensavo. Potresti darmi una mano a portarlo??

?Ma certo.? Me lo toglie dalle braccia come se non pesasse niente, anche se strabuzza gli occhi vedendo quanta roba c’è sopra. ?Hai intenzione di mangiare le riserve alimentari di un’intera nazione??

?A quanto pare, Siobhan è convinta che sia proprio questo che dovrei fare?, rispondo con una risata. ?Però mi piacerebbe condividere queste cose con te, se ti va.?

Ci riflette per un secondo, e i suoi occhi ambrati si incupiscono mentre si passa una mano tra i capelli. Alla fine, mi fa quel suo sorriso da un milione di dollari che non vedevo da tanto tempo e dice: ?Sì, con piacere. Dove sei diretta??

Cambio idea al volo: con quella gamba non è proprio il caso che salga tutte le scale fino agli spalti. ?Ci sono un paio di panchine in cortile. Pensavo di sedermi là e guardare l’alba mentre mangio.?