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Court (Crave, #4)(201)

Author:Tracy Wolff

?Credevi davvero di potermi battere in astuzia?? mi domanda mentre ci giriamo intorno dietro l’enorme divano grigio su cui mi allungavo a fare i compiti tutti i giorni dopo la scuola. ?Mi preparavo a questo momento da quando ci siamo conosciute. Mentre tu facevi la figura dell’idiota in quel campo di addestramento, cercando di fare colpo sul generale, io osservavo e imparavo come funziona questo tuo dono. E ti do un consiglio gratis, anche se non richiesto. Tu sei la regina, babbea. è lui che dovrebbe fare colpo su di te.?

?Io non…? Mi interrompo quando mia madre apre il frigorifero in cucina per preparare la cena. Ha il suo maglione rosso preferito e una gonna nuova che abbiamo comprato insieme il fine settimana prima della sua morte. è per questo che so che giorno è, e che so quello che sta per succedere. è stata l’unica volta che l’ha indossata.

è bellissima e piena di vita, e per un attimo mi manca talmente che quasi cado sulle ginocchia. Sono passati otto mesi dalla sua morte. Otto mesi da quando mi ha stretto in un abbraccio che sapeva di vaniglia e chai dicendomi che mi voleva bene. Otto mesi da quando mi ha stracciata a Scrabble. E non mi è mai mancata così tanto.

Mentre la osservo tirare fuori le verdure per l’insalata, il dolore che finalmente si era placato fino a diventare un ottundimento sordo con qualche occasionale fitta più acuta torna a farsi sentire in tutta la sua violenza. Sui fornelli, il bollitore sta scaldando la tisana della salute che insisteva sempre per farmi bere a cena, e in forno, c’è qualcosa dal profumo delizioso. Enchiladas di pollo, se non ricordo male.

Cucinava sempre le enchiladas più buone del mondo.

Una nuova ondata di tristezza mi travolge al ricordo di tutte le volte che l’ho aiutata a preparare la salsa nel corso degli anni. Di tutte le volte che l’ho aiutata ad arrotolare le tortillas. Mi bruciano gli occhi mentre comincia ad affettare i cetrioli per l’insalata, ed è allora che mi rendo conto che questa visione ha qualcosa di diverso. Anzi, c’è qualcosa che non va.

Nei ricordi che visito in questo stato non ci sono mai odori, e non mi sento mai così intimamente legata a loro. D’accordo, questo è un giorno davvero orrendo della mia vita, ma comunque non mi sembra un ricordo come tutti gli altri.

Il che vuol dire…

?Mi domandavo se lo avresti capito?, sogghigna Isadora. ?Ci hai messo davvero un bel po’。?

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IL VIALE DEI RICORDI PORTA DRITTO ALL’INFERNO

?CHE stai facendo?? chiedo quando comincio a mettere insieme i pezzi. ?Come fai a controllare quello che succede nella mia memoria? Sono io che ci ho bloccate, sono io quella che…?

?Quella che dovrebbe avere il controllo?? Isadora fa una risata secca. ?Grace, tu non hai abbastanza fegato per avere il controllo. Tu vuoi essere la brava ragazza, vuoi rispettare le regole, ma nel caso in cui non lo avessi ancora capito, a questo mondo le brave ragazze si fanno distruggere e basta.?

Mi sta provocando, lo so benissimo, però ciò non significa che nelle sue parole non ci sia un fondo di verità. è difficile fare la cosa giusta quando ti trovi a combattere contro gente a cui non importa di ciò che è giusto. A cui importa soltanto di ottenere ciò che vuole. Ma, se mi arrendessi, se cedessi e mi comportassi come loro – come Cyrus, come Lia, come Isadora, come Delilah –, combatterei per salvare che cosa?

Ripetermi queste parole mi aiuta a concentrarmi su ciò che conta davvero. ?Non hai risposto alla mia domanda.?

?Sì, hai ragione, non l’ho fatto.? Mi guarda socchiudendo gli occhi. ?Non crederai sul serio di essere l’unica speciale qui intorno, vero? Soltanto perché puoi bloccare il tempo e spiare chi non può controllarlo? Magari io non saprò farlo, però so fare questo.?

Schiocca le dita e, all’improvviso, mio padre è in cucina con la mamma. Stanno litigando furiosamente e io me ne accorgo appena metto piede in casa rientrando da scuola. Il dolore e il senso di colpa mi attanagliano lo stomaco: so che cosa sta per capitare, e non vorrei trovarmi qui in questo momento. A essere sincera, non vorrei tornarci mai più. Però non ho scelta.

Non so come ci stia riuscendo, ma non sto semplicemente osservando un ricordo, lo sto vivendo. Io sono quella versione più giovane di me. E come una marionetta tirata dai fili, sono costretta a fare tutto esattamente com’è impresso nella mia memoria.

?Non possiamo farlo!? grida la mamma a mio padre, e accade talmente di rado che poso lo zaino sul divano e mi avvicino di soppiatto per guardare quello che sta succedendo in cucina. I miei genitori non sono perfetti – bisticciano come tutti, ovviamente –, ma di solito le loro sono discussioni più che litigi, parlano più che urlarsi contro.