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Court (Crave, #4)(223)

Author:Tracy Wolff

Da terra sembra che i mattoni stiano cadendo in fretta, ma da quassù, oltre i primi due strati di pietre, è ancora peggio: stanno riempiendo lo spazio così velocemente che non ne usciremo vivi se non capiremo come farli sparire. E alla svelta. Ce ne sono troppi e la porzione di arena in cui ci troviamo è decisamente piccola per farceli stare tutti.

Se poi ci aggiungiamo quello che sta succedendo dall’altra parte – di qualunque cosa si tratti – il risultato è che siamo in un maledetto pasticcio.

Jaxon ora è in piedi a un’estremità dell’arena e sta agitando una mano a destra e a sinistra per spostare i blocchi. Le pietre, comunque, sono sempre lì e continuano a sparare frecce e liberare gas nocivo. Semplicemente, in questo modo guadagniamo un po’ di tempo prima di morire schiacciati.

Volo ancora più in alto per cercare di scoprire qualcos’altro. Adesso è difficile zigzagare tra i mattoni senza beccarmi una freccia in un occhio o una scarica di veleno in faccia, ma per fortuna ci riesco. Perlomeno, sinché finisco dritta contro una pietra piatta che mi spara addosso un gas potente. Resto senza fiato e cerco di levarmelo via, però mi si riempiono gli occhi di lacrime nonostante li strofini con forza. Mi bruciano terribilmente e non so che cosa fare… ma poi mi ricordo della bottiglia d’acqua che Macy ha messo nel mio zaino. Girandomi a mezz’aria e cercando di non toccare gli altri mattoni vicino a me, tiro fuori la bottiglia e me la verso sulla faccia e sugli occhi.

Dopo qualche secondo, il bruciore passa, grazie a Dio! Però mi ci vuole ancora un pochino prima che torni a vedere, così resto sospesa sopra il terreno in attesa che la vista mi si schiarisca a sufficienza per provare a trovare una soluzione.

E mentre me ne sto lassù, noto che, inciso nel terreno, c’è il disegno di una coppa. Ha la stessa forma di quella sul bancone nel negozio di caramelle. Sta accanto al registratore di cassa ed è piena fino all’orlo di ogni tipo di caramelle possibile.

Dev’essere quello che stavamo cercando, rifletto, mentre raggiungo Jaxon il più velocemente possibile. Altrimenti per quale motivo dovrebbe essere sia qui sia nel negozio, soprattutto considerato che stiamo cercando un elisir che andrebbe appunto bevuto da una coppa e che il mito della Fontana della Giovinezza pare derivi proprio da queste prove?

?Ho capito!? esclamo prima ancora di atterrare. ?Dobbiamo riempire il disegno di questa coppa con i mattoni.?

?Quale coppa?? chiede Jaxon, guardandosi intorno perplesso.

?Questa?, rispondo, chinandomi e tracciando il contorno che ora riesco a distinguere benissimo anche da terra. Occupa la maggior parte dello spazio della nostra porzione di arena, perciò capisco perché non l’abbiamo notato prima. Da qui sembrano soltanto delle pietre sul pavimento unite a formare uno strano disegno.

?Allora cosa facciamo?? domanda Jaxon quando finalmente è in grado di vedere la coppa.

?Non lo so?, replico. ?Ma immagino che dobbiamo riempirla, no? Cioè incastrare i mattoni dentro la coppa come in un puzzle.?

Jaxon sembra dubbioso, però non ha un’idea migliore, così ci inginocchiamo e cominciamo ad afferrare tutte le pietre che riusciamo a trovare per cercare di agganciarle insieme.

Ma c’è un problema. La coppa ha diversi bordi arrotondati e tutti i blocchi che sono caduti hanno i lati dritti.

E c’è un secondo problema. Per sistemare i mattoni dobbiamo prenderli in mano e, ogni volta che lo facciamo, ne attiviamo uno. Si attivano anche se Jaxon li sposta con la telecinesi, perciò siamo continuamente costretti a fare i conti con shock elettrici, frecce, gas velenosi, blocchi arroventati, e il tutto mentre qualcuno sta torturando i nostri amici dall’altra parte del muro.

Sento Hudson urlare un paio di volte e mi si ghiaccia il sangue nelle vene.

Ma, d’altronde, se gridano è segno che sono ancora vivi. E, in questo momento, temo sia il massimo che posso chiedere.

?Dammi il mattone lungo?, dice Jaxon cercando di incastrare tre pietre alla base della coppa.

?Non va bene. Non è abbastanza largo…?

?Invece sì?, ribatte, anche se lo spazio è palesemente troppo grosso. ?Lasciami provare…?

?Hai mai fatto i puzzle da piccolo?? chiedo, quando prova a infilare il mattone per poi scoprire che non è quello giusto. ?Te ne serve uno piatto e corto. è largo il doppio, perciò…?

?Allora prendimelo!? urla. Giuro che se non fossimo in una situazione così disperata, gli darei un pugno sul muso.

?Prenditelo da solo?, ribatto. Sono arrabbiatissima, perché da quando siamo rimasti intrappolati qui insieme non ha fatto altro che cercare di proteggermi o strillarmi contro. So che il suo modo di fare mi irrita più del dovuto perché siamo entrambi stressati, ma la deve smettere. Sono in grado di affrontare questa situazione tanto quanto lui, anzi, meglio, considerato che non riesce nemmeno a incastrare i pezzi nella parte dritta della coppa, mentre io li devo sistemare in quella arrotondata.